venerdì 4 febbraio 2011

un principio di costellazione

Mi piacerebbe, a piedi scalzi, misurare il tocco dell'erba senza schiacciarla. Quando ci si cammina, sull'erba, si sta sempre attenti a non calpestarne troppa. Troppe margherite, troppi trifogli, troppe campanelle, troppi centocchi, si cerca di non premerli giù.
Io, almeno, faccio così. Cerco di passarci sopra leggermente, di risparmiarli in punta di piedi per la tenerezza che mi piantano negli occhi, sotto e in mezzo e in fondo alle ciglia. Radificano lì.
Bisognerebbe passare con la stessa delicatezza sulle persone, sempre. Sono loro, poi, che ti trattengono, che tirano più in giù le tue radici, semmai.
Una volta, ho visto una bambina di tre anni con sua madre, al parco. La bimba si è seduta pianissimo sull'erba, e poi, lentamente, ha lasciato andare la schiena, all'indietro, come se la forza di gravità avesse rallentato, per un attimo. Si è adagiata sul verde. Si è distesa, chiedendo il permesso, sull'erba.
Conoscevo quella bambina. Aveva predetto che sua madre aveva un fratellino per lei, in pancia, ancora una settimana prima che la mamma stessa lo venisse a sapere.
Lei, invece, lo sapeva già. L'aveva letto non so dove, forse nelle nuvole, con la schiena sostenuta da fili d'erba.

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